Tra gotico moderno e orrore sociale, è del reale che dovremmo aver paura
Nei racconti di Mariana Enriquez il terrore non nasce solo dagli elementi fantastici, ma dalla violenza sistemica, dall’oppressione e dalla memoria di un paese segnato dalla dittatura e dal femminicidio. Legati da temi ricorrenti, come la sparizione, la brutalità quotidiana e il corpo femminile come luogo di conflitto e resistenza, denunciano e inquietano.
Ci sono denti caduti, unghie strappate, presenze inquiete e misteriose, malattie mentali che sono portali verso il terrore, la paranoia, la deformità, elementi classici dell’horror che non si limitano a spaventare, ma a provocare riflessioni profonde sulle dinamiche di potere, le disuguaglianze e le paure collettive.
L’orrore della Enriquez è radicato nel quotidiano.
Ritroviamo scenari urbani desolati, affollati da tossicodipendenti, ladri, violenti, assassini, in una metropoli insicura, pericolosa, instabile: l’ambientazione è più che reale, le case abbandonate della città sono molto più spaventose di quelle classiche del genere.

Povertà e indifferenza sociale, abbandono istituzionale, “casi in cui il crimine era mescolato con la miseria.” La polizia è corrotta, brutale, inaffidabile, incarna l’oppressione con una presenza pericolosa e ambigua, complice di abusi.
Il disagio e la confusione finivano per spingere in strada i bambini: vivere in quelle stanze era talmente insopportabile che la gente passava il tempo sul marciapiedi, soprattutto i più piccoli, che scorazzavano in giro.
I bambini di Mariana Enriquez tra presente e passato
Veri specchi della società sono i bambini. I bambini di Mariana Enriquez non sono mai figure innocenti o protette, ma rivelano un’infanzia segnata da dolore, sparizioni, torture, paura (come ne Il bambino sporco, primo racconto, figlio di una donna incinta dipendente dalla cocaina che vive su un materasso per strada).
L’infanzia è uno spazio liminale, in cui il confine tra realtà e immaginazione è più fluido, e in Le cose che abbiamo perduto nel fuoco questo confine diventa l’accesso al mondo terrificante degli adulti. I bambini, simbolo del futuro, sono intrappolati in vite che risentono ancora di terribili conseguenze di un passato violento e irrisolto.
Mi dissero che i militari avevano costruito il ponte e avevano infilato dei morti nel cemento, gente che avevano ucciso e nascosto lì.
In Bambini che tornano, la presenza dei bambini che sono stati vittime di sparizioni forzate durante la dittatura argentina è un richiamo alla memoria storica del paese.
Gli/le adolescenti, invece, detestano la generazione precedente, distrutta e preoccupata, avvilita e incapace di reagire. A emergere, poi, sono ragazze che devono difendersi da sole.
Le donne di Mariana Enriquez
Protagoniste complesse, che incarnano la violenza, la sofferenza, la trasformazione, le donne sono vittime, ma agenti di resistenza e sovversione. Le alleanze tra loro sono fondamentali e spesso costituiscono una rete di supporto e solidarietà.
Da Andrea nessuno faceva domande: suo padre era sempre ubriaco e lei di notte chiudeva la porta della propria camera per non farlo entrare.
L’ultimo racconto, che dà il titolo alla raccolta, è quello che affronta in maniera più diretta la violenza di genere. La storia ruota attorno alle donne che si sono bruciate con l’acido come forma di protesta e reazione contro le brutalità che hanno subito, una lotta contro un sistema che le ha reso invisibili e marginalizzate. In un mondo dove la violenza contro le donne è un’epidemia silenziosa, il gesto di bruciarsi con l’acido diventa un atto di auto-affermazione, un modo per ridisegnare il proprio spazio e dare visibilità a un dolore che è stato troppo a lungo ignorato.
Perchè leggerla?
Mariana Enriquez è diventata una delle autrici più celebrate sia in Argentina che a livello internazionale. La sua capacità di combinare l’horror con temi sociali urgenti, trattando con particolare attenzione le condizioni delle donne e le problematiche legate alla violenza di genere, ha contribuito a farla riconoscere come una voce unica nel panorama letterario.
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